La Psicodinamica Del Coronavirus
- Dr.ssa Cristina Rampin
- 14 mar 2020
- Tempo di lettura: 3 min
L'incoronazione del dio Pan

"Le malattie sono i nostri insegnanti […] Sminuire le malattie e reprimerle ci allontana dai personaggi interiori"
- J.Hillman, Cent’anni di psicanalisi -
Che cosa ci vuole insegnare questo Coronavirus?
Fuori c’è un mondo pieno di sintomi. Un inconscio collettivo sofferente, “malato” che chiede di essere visto e curato. Il Coronavirus rappresenta simbolicamente il nostro precario stato spirituale: un sintomo dell’anima mundi che ci sta parlando, che ci sta inviando il suo monito.
Siamo costretti ad un blocco sociale. Siamo costretti a non correre più, a rallentare per poter continuare a "respirare".
Come ci suggerisce Hillman, la psiche collettiva, attraverso questo sintomo, sta tutelando la propria sopravvivenza e la propria salute psicologica.
"Rimuovendo l’anima dal mondo e non riconoscendo che l’anima è anche nel mondo, la psicoterapia non può più fare il proprio lavoro"
- J.Hillman, Cent’anni di psicanalisi -
La psiche parla attraverso i sintomi, l’etimologia delle parole e le immagini a questi legate.
Corona [dal lat. corōna, dal gr. κορώνη]
Pandemia [rifacimento di epidemia secondo l’agg. gr. πανδήμιος «di tutto il popolo» (v. pandemio)]
Il nome di questo nuovo virus è stato scelto per la sua particolare forma elicoidale.
Simbolicamente la corona "unisce" e unisce ciò che è sotto di essa e ciò che ne è al di sopra, segnando tuttavia i limiti che separano il terreno dal celeste, l’umano dal divino.
La corona a cinque effigi portata dai sacerdoti tibetani rappresenta e concentra le forze esteriori e interiori che garantiscono al sacrificio il suo valore cosmico ed etico.
Secondo una versione della leggenda di Teseo e Arianna, fu una corona di luce a guidare Teseo, nel labirinto, sulla via del ritorno, dopo aver ucciso il Minotauro.
Fin dai tempi più remoti è stato attribuito alla corona un valore profilattico, che scaturiva principalmente dalla materia che la componeva (fiori, fogliame, metalli e pietre preziose) e dalla sua forma circolare che l’apparentava al simbolismo del cielo.
Vi è un forte legame con il mondo naturale, un mondo governato dal dio pastore Pan (in greco antico: Πάν, Pán).
Nell’antica Grecia Pan, figlio di Ermes e della ninfa Driope, era una divinità non olimpica, dall'aspetto satiresco, legata alla natura, alle selve, alla foresta (simbolo per eccellenza dell’inconscio, di ciò che è profondo).
Il nome Πάν, che deriva dal greco paein, cioè "pascolare", è tuttavia simile a πᾶν, che significa "tutto". La figura mitologica ricalca l'eroe solare vedico Pushan, dal verbo sanscrito pūṣyati, che significherebbe "colui che fa prosperare". Inoltre è assimilato a Phanes (Φάνης, da φαίνω phainō , "che porta la luce").
Da Pan deriva il sostantivo panico, originariamente timor panico o terror panico, poiché il dio si adirava con chi lo disturbasse emettendo urla terrificanti, provocando così una incontrollata paura. Il mito più famoso legato a questa caratteristica è la titanomachia, durante la quale Pan salvò gli Olimpi emettendo un urlo e facendo fuggire il drago Delfine.
Nonostante Pan ed i suoi aspetti siano stati oggetto di una perpetuata demonizzazione da parte del Cristianesimo, a partire dall’epoca romantica è avvenuta una successiva rivalutazione di questa figura.
Il Pan romantico divenne simbolo della natura per antonomasia, della necessità di una ricerca e di un ritorno alla purezza delle origini in opposizione al processo industriale e alla distruzione progressiva dell'ambiente naturale.
Siamo chiamati a cogliere questo monito, ad assistere all’incoronazione del dio Pan.
Siamo chiamati a prendere consapevolezza dei limiti del nostro vivere umano.
"Disseminare il mondo di rifiuti, costruire strutture mostruose, consumare e sprecare per distrarsi dalla noia, non è semplicemente illegale, immorale o antisociale, oltre che nocivo alla salute. E’ anche vergognoso e offensivo nei confronti del mondo, dannoso nei confronti della sua anima"
- J.Hillman, Politica della bellezza -
Cara Cristina, la tua intuizione è splendida. Ti scrivo ancora, perchè la sfida è globale e panteistica, e deve essere vissuta.